“Socializzare con gli altri cani”, che bell’espressione. Espressione che nella mentalità comune viene spessissimo travisata e interpretata con “deve incontrare tutti!”.

Sfatiamo un mito: il cane non deve per forza incontrare ogni suo simile che incontra. E il suo simile non deve per forza stargli simpatico. Anzi, dal punto di vista etologico, il cane sarebbe portato a vivere in branco e porre un confine molto chiaro nei confronti di tutti quelli che sono gli “estranei”.

È un’idea nostra, tutta umana, che i cani debbano obbligatoriamente giocare fra di loro sempre, piacersi a priori, chiunque essi siano.

Il che non significa, assolutamente, che il nostro cane non debba socializzare, ma semplicemente che io debba valutare bene quanto, quando e con chi al mio cane faccia piacere interagire.

Che cosa significa socializzazione?

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Il termine socializzazione descrive il processo attraverso cui il cane impara a conoscere (e a non temere) quello che lo circonda.

Un cucciolo, durante la sua crescita, dovrebbe poter fare esperienza nei confronti di cani, umani e i diversi ambienti. Questo passaggio è fondamentale per consentire al cane di integrarsi correttamente nella società, sia umana che canina.

L’obiettivo della socializzazione, infatti, dev’essere quello di dare le competenze al cane per interagire correttamente con l’interlocutore e/o avere gli strumenti adeguati per affrontare una determinata situazione.

Un cane che non ha interiorizzato correttamente questo processo, potrebbe avere serie difficoltà nei rapporti sociali con gli altri cani.

La sua difficoltà nell’esprimersi correttamente, oltre ad aggravare il suo disagio, potrebbe mettere in difficoltà gli altri cani che, non riuscendo a decifrarlo, saranno portati a chiudere la comunicazione.

Socializzazione ≠ socievolezza

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Ma, tornando al discorso precedente, la socializzazione non è socievolezza. La socievolezza è una caratteristica individuale, che riguarda il piacere di interagire.

Avere un cane correttamente socializzato, quindi, non equivale necessariamente ad avere un cane entusiasta di fare quella determinata esperienza, ma un cane che è in grado di affrontarla nella maniera più adeguata.

Questi due fattori sono entrambi importanti quando parliamo di interazioni fra cani: non basta saper comunicare per stare bene in una determinata situazione, bisogna anche aver voglia di interagire.

Se il nostro cane, per tutta una serie di motivi, non ha piacere a interagire con gli altri (o con una determinata categoria di altri), lavoreremo per dargli tutti gli strumenti comunicativi possibili affinché sappia come comunicare con loro, ma dovremmo anche rispettare il suo bisogno di non-incontro.

Le responsabilità della madre e della famiglia umana

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Il processo di socializzazione nei confronti degli altri cani inizia dopo quattro settimane di vita e la fase più sensibile dura fino ai 2 anni, sebbene anche esperienze successive possano modificare i rapporti con i conspecifici.

Pertanto, durante questo percorso, saranno sia la madre (insieme agli altri cuccioli) che la futura famiglia i responsabili del corretto sviluppo del cane.

Durante il secondo mese di vita, la madre, insieme ai fratelli, inizierà a insegnare al cucciolo a come riconoscere i cani attraverso i sensi e fornendo le prime basi dello stare insieme con gli altri.

Per questo motivo, e mille altri ancora, non bisogna mai dividere i cuccioli dalla madre prima dei due mesi.

Passate queste settimane, è compito dell’essere umano fare da tutore al cucciolo e continuare sul percorso tracciato dalla madre, permettendogli di fare esperienze con altri cani.

Una cosa importante, però, è conoscere bene le fasi evolutive

Durante i primi due anni di vita, infatti, un cane attraversa diversi periodi sensibili che terminano con la post-adolescenza.

Ogni periodo caratterizza il diverso valore che viene attribuito ai conspecifici. Se da cucciolo (2-6 mesi) tutti i cani che incontra sono interessanti, da conoscere e con cui giocare, verso un anno (maturità sessuale) potrebbero emergere i primi conflitti.

Cercare di coinvolgere il nostro cane in situazioni sociali positive che gli consentano di confrontarsi con cani di età e caratteri diversi gli permetterà di ampliare il suo vocabolario comunicativo e il suo bagaglio esperienziale.

Evitare che un’esperienza le influenzi tutte

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Capita, tuttavia, che per quanto attenti e ligi siano i proprietari, possa avvenire un incontro spiacevole, vuoi a causa dell’altro cane non del tutto equilibrato, vuoi a causa del testosterone adolescenziale, piuttosto che di caratteristiche soggettive particolari.

Capita.

L’errore da non commettere, però, è quello di lasciarsi spaventare da un singolo episodio e smettere di far incontrare cani (o categorie di cani, come i maschi) al nostro amico.

Evitare l’incontro con gli altri cani accorciando il guinzaglio, cambiando strada, agitandoci o prendendolo in braccio, infatti, può essere una soluzione efficace sul momento ma un serio problema nel lungo periodo.

Evitare sistematicamente che il cane interagisca con gli altri non risolve il problema, anzi, lo peggiora.

Diventa un circolo vizioso in cui più si limitano i momenti di interazione con i conspecifici, più aumenterà la diffidenza nei loro confronti e, quindi, più andranno limitati gli incontri.

La reazione del proprietario non fa altro che rafforzare l’idea che quei cani siano realmente una minaccia per sé e per la propria famiglia, e per questo debbano essere tenuti lontani.

Quindi, che fare?

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Se non siamo certi del comportamento del nostro cane perché i tempi della socializzazione non sono stati rispettati, perché ha subito un trauma o perché ha un carattere particolare, la cosa migliore da fare è evitare di esporlo ad ogni tipo di incontro senza alcuna precauzione, rischiando di aumentare il problema in caso di esperienze negative, ma, al contrario, selezionare con cura sia i cani da fargli incontrare, sia le modalità dell’incontro stesso.

Infatti, dovrà capire che tutti gli incontri che gli proponiamo si riveleranno un’esperienza piacevole e formativa, andando a modificare l’aspettativa di nuovi incontri.

Mi spiego meglio: prendiamo, ad esempio, un cane che, a guinzaglio, ringhia a tutti per tenerli lontani perché, magari, è stato morso da cucciolo.

Se gli permettiamo di incontrare tutti indiscriminatamente, nel momento dell’incontro lui imparerà che i cani o scappano spaventati (andando a rinforzare il suo ringhio di allontanamento: “guarda un po’, ringhiare funziona!”) oppure che reagiscono (andando ad aumentare la sua diffidenza: “vedi? Lo sapevo che vanno tenuti tutti lontani perché sono pericolosi”).

Se, al contrario, lo stesso cane incontrerà nel modo corretto una serie di cani molto competenti che, al suo ringhio, gli risponderanno che non ha nulla da temere da loro, anzi, che si può anche giocare assieme se si tranquillizza, il nostro amico cane finirà per capire che non tutti i cani sono un problema.

Anzi, più cani competenti incontrerà (e qui potrebbe essere d’aiuto rivolgersi ad un esperto che sappia valutare attentamente gli incontri), più riscoprirà il piacere di stare con gli altri.