Nel corso degli ultimi anni spinti dalle forti pressioni esercitate, da associazioni, enti e comuni cittadini, i legislatori (a livello nazionale, regionale e comunale) hanno cercato di favorire l’integrazione del cane all’interno della società umana, cercando di diminuire sempre di più lo spazio vietato ai cani.

A livello nazionale, nessuna norma impedisce ai cani di accedere ai luoghi pubblici: l’art. 83 lett. D) del Regolamento di Polizia Veterinaria (D.P.R. n. 320/1954), infatti, prevede solo che i cani possano accedere ai luoghi ed ai mezzi pubblici se condotti con guinzaglio e museruola.

Mentre, l’art. 83 lett. C) sancisce che i cani debbano essere condotti nella pubblica via e in altri luoghi aperti al pubblico con il guinzaglio o, in mancanza, con idonea museruola (sebbene l’ordinanza concernente la tutela dell’incolumità pubblica dalle aggressioni dei cani emessa dal Ministero della Salute in data 06 agosto 2013 affermi che nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico i cani debbano essere condotti SEMPRE a guinzaglio, di lunghezza massima pari a 1,5 metri).

È vietato, invece, l’accesso degli animali ai luoghi ove gli alimenti sono preparati, trattati o conservati (Reg. CE n. 852/2004).

Quando la legge va nel verso giusto

Il problema subentra quando, su questa normativa, si inseriscono diversi provvedimenti, regionali o comunali. Infatti è il sindaco che, di norma, decide in autonomia come regolare questa materia, emanando ordinanze o regolamenti specifici per la sua città.leggi guinzaglio e luoghi pubblici per i cani

Ci sono, tuttavia, alcuni esempi positivi in Italia, come nel caso della Regione Toscana che, nel 2009, ha emanato una legge regionale il cui articolo 21 afferma che:

 “Accesso negli esercizi pubblici, commerciali e nei locali ed uffici aperti al pubblico

  1. I cani, accompagnati dal proprietario o detentore, hanno accesso a tutti gli esercizi pubblici e commerciali nonché ai locali ed uffici aperti al pubblico presenti sul territorio regionale.
  2. I proprietari o detentori che conducono i cani negli esercizi, locali ed uffici di cui al comma 1, sono tenuti ad usare sia guinzaglio che museruola qualora previsti dalle norme statali, avendo cura che i cani non sporchino e non creino disturbo o danno alcuno.
  3. Il regolamento di cui all’articolo 41, definisce le misure generali di sicurezza e le forme di promozione dell’accessibilità.
  4. Il responsabile degli esercizi pubblici e commerciali, nonché dei locali e degli uffici aperti al pubblico può adottare misure limitative all’accesso, previa comunicazione al sindaco.”

Molto simile è la Legge Regionale n. 20/2012 del Friuli Venezia Giulia, la quale prevede le stesse libertà di frequentazione degli esercizi pubblici e aperti al pubblico.

A livello comunale, il Regolamento per la tutela degli animali del Comune di Torino, solo per citarne uno, sancisce che il divieto di entrata nei locali aperti al pubblico e nei pubblici uffici potrà essere valido solo se motivato da comprovate ragioni igienico-sanitarie, preventivamente comunicate dal responsabile della struttura per iscritto all’Ufficio Tutela Animali del comune.

Il fatto di fornire delle ragioni scritte al Comune per poter apporre il divieto è un grandissimo passo avanti rispetto alla situazione di altri luoghi italiani, in cui l’entrata o meno è una scelta assolutamente arbitraria del negoziante.

Quando le leggi sui cani esulano il buon senso

Come abbiamo detto, però, sono i sindaci che hanno l’ultima parola. E, a volte, capita d’imbattersi in alcune ordinanze parecchio bizzarre.

Il comune di Rota Imagna, in provincia di Bergamo, con l’ordinanza n° 600 del 03/05/2013 “Disciplinare e regolamentare il rapporto tra la popolazione umana e le specie canine domestiche” stabilisce che:

“È fatto divieto assoluto di consentirne la libera circolazione dei cani, senza la presenza di un conduttore di una corporatura ed un peso proporzionato alla mole dell’animale, in aree pubbliche e/o di uso pubblico, senza l’utilizzo dell’apposito guinzaglio e/o della museruola così come regolato al successivo punto n°4.”

divieti per i caniQuindi in questo caso si vieta ad una persona di poter scegliere liberamente il tipo di cane con cui passare il resto della sua vita, dovendo eliminare determinate razze (o incroci) in proporzione al suo peso e al suo stato di salute. Cani di piccola e media taglia non avrebbero problemi a uscire indenni da questa normativa, ma cosa vogliamo fare di tutti quei cani sopra i 20/25 chili (un cane di questo peso è già in grado di stendere un proprietario di 80kg ben allenato…) che vivono in una famiglia che non è adatta proporzionalmente a lui? Non può più uscire a fare i bisogni?

A Muggia, provincia di Trieste, invece il “Regolamento per la tutela ed il benessere degli animali” del dicembre 2013 stabilisce che

1. I proprietari o detentori a qualsiasi titolo degli animali, hanno l’obbligo di raccogliere le deiezioni solide e provvedere al lavaggio con acqua delle deiezioni liquide prodotti dagli stessi sul suolo pubblico dell’intero territorio comunale del Comune di Muggia, in modo da mantenere e preservare lo stato d’igiene e decoro del luogo.
Chiunque viola il presente comma viene punito con una sanzione amministrativa da 100,00 a euro 300,00.
2. L’obbligo di cui al presente articolo sussiste per qualsiasi area pubblica o di uso pubblico (via, piazza, giardino o altro) dell’intero territorio comunale comprese quelle destinate ai cani stessi…”

Quindi ogni proprietario dovrebbe uscire di casa con una bottiglietta (o un qualsiasi altro contenitore) d’acqua per pulire dove il cane fa la pipì. Ma il proprietario di un alano maschio cui piace marcare su ogni palo della luce, deve uscire con un camion cisterna? E versare dell’acqua su una pipì, secondo il sindaco, la pulirà o la spargerà in un’area ancora più ampia?

Secondo il mio parere, ordinanze di questo tipo, mosse ovviamente dal tentativo di risolvere aspetti legati alla responsabilità civile e civica dei proprietari di cani, più che favorire la pacifica convivenza di tutti, generano ancora più malcontento.

Non sarebbe più intelligente che i comuni investissero risorse ed energie nella diffusione di una corretta educazione al rispetto degli altri? Magari spiegando ai proprietari che il problema non sia se lavino o meno, ma dove permettono al cane di fare pipì?

Ci credo che si arrivi ad ordinanze simili, finché esistono proprietari che permettono al cane di marcare sulle vetrine, le sedie dei bar e perfino le gambe delle persone!

Non sarebbe meglio organizzare corsi di formazione per i proprietari di cani, incontri pubblici in cui poter discutere dei problemi che sorgono all’interno della comunità, cercare di fornire spazi adeguati in cui recarsi a far sporcare i cani?