Il cane che non viene mai lasciato libero perché non risponde al richiamo è un cliché.
Addirittura, ci sono cani che non vengono liberati neppure in aree recintate, perché scappano dal proprietario per non farsi rimettere il guinzaglio, con situazioni al limite del grottesco che finiscono quasi sempre con divertenti adescamenti (“guarda che cosa ho! Lo vuoi il bocconcino?!”), placcaggi improbabili o entrambe le cose, con il proprietario che si lancia sul cane all’ultimo secondo dopo aver tentato di convincerlo di avere del cibo in mano.
Eppure, qualsiasi cane dovrebbe essere super contento di tornare dal suo umano, se c’è una buona relazione tra i due. Anzi, il richiamo è proprio l’esercizio in cui meglio si esprime la fiducia che c’è all’interno della coppia.
Allora perché molti cani felici dei loro umani in tutti gli altri aspetti della vita, spesso faticano a tornare, tergiversano o si fanno bellamente gli affaracci loro?
Insegnare il richiamo
Di solito, di base, c’è qualche fraintendimento comunicativo tra uomo e cane o qualche errore involontario da parte del proprietario.
In primo luogo, noi umani diamo spesso per scontato che il cane conosca il richiamo e che al “vieni” debba tornare per il semplice fatto che glielo abbiamo chiesto.
Non è vero, il richiamo, come qualsiasi esercizio, non è scontato e va insegnato, con pazienza e gradualità.
Bisogna, innanzitutto, cominciare a educare il cane in un posto privo di stimoli, che andranno aumentati molto gradualmente per fissare bene il comportamento ed evitare di spazientirci, rischiando di cadere nelle scenette tragicomiche di apertura.
Il cane va chiamato con un’unica parola, decisa in precedenza, come “vieni!”. E il “vieni!”, deve essere un “vieni!” punto. Non un “vieni!”, “Ah, non vieni?”, “vieniquisubito!”, “Vuoi un biscotto?”, “guarda che bel gioco che ho!”, “andiamo, dai ti prego”, “vabbè, io me ne vado eh”.
Un unico, semplice, “vieni!”, possibilmente pronunciato in un momento in cui siamo riusciti a catturare l’attenzione del cane e associandolo a una corretta comunicazione del corpo.
Il cane guarda alla direzione da prendere a seconda dell’orientamento di sguardo, spalle e piedi dell’interlocutore.
Se gli chiederemo di raggiungerci rimanendo rivolti verso di lui, magari anche muovendoci nella sua direzione, con la voce gli diremo di venire ma con il corpo gli staremo dicendo di andare in direzione opposta.
Molti cani, confusi, rimangono semplicemente fermi ad aspettarci, altri si mettono in movimento nella direzione che stiamo loro dando con il corpo oppure vengono verso di noi ma sono pronti a scattare dall’altra parte.
Per fargli capire chiaramente cosa vogliamo, all’inizio sarebbe meglio girarci all’indietro e muoverci in direzione opposta a lui, rendendoci ancora più interessanti con una corsetta o con qualche versetto.
Infatti, le prime volte, dobbiamo risultare davvero molto attrattivi, accoglienti, felici e festosi. Anche quando il cane ci raggiunge, dobbiamo essere superfelicissimi, fargli tante feste, magari proporgli un gioco e poi lasciarlo allontanarsi nuovamente.
Richiamo e guinzaglio
Quando insegniamo al cane il richiamo, infatti, dobbiamo assolutamente evitare di associarlo alla cattura e alla messa a guinzaglio.
Il cane si deve abituare che lo chiamiamo per proporgli cose interessanti, non per venire legato.
Molti cani, invece, evitano di tornare al richiamo proprio per questo motivo, cioè che vengono richiamati esclusivamente nel momento dell’aggancio.
Un cane che si sta divertendo come un matto a giocare al parchetto con i suoi amici, se venisse richiamato esclusivamente per essere portato via da quella situazione, non ci metterebbe molto a capire che “vieni”, in realtà, significa “fine dei giochi” e con ogni probabilità diventerebbe improvvisamente sordo ad ogni richiamo.
Se, al contrario, il cane sa che lo richiamiamo per proporgli qualcosa di interessante e poi lo lasciamo libero (quasi) tutte le volte di tornare a giocare, la volta che lo richiameremo per andare via dal parchetto avrà comunque voglia di ascoltarci e ricongiungersi a noi.
Non inseguire il cane
Un altro errore da evitare assolutamente di fare è quello di inseguire un cane che non torna.
Come abbiamo detto prima, il cane guarda alla direzione del nostro corpo per capire che direzione prendere. Se ci muoviamo verso di lui, il cane penserà che tutto il gruppo si debba spostare lungo quella traiettoria e continuerà per quella strada, anziché venire verso di noi.
Capita spesso, invece, di vedere proprietari che inseguono il loro cane correndo e urlando.
Nella migliore delle ipotesi, il cane lo prenderà come un gioco e continuerà a correre per farsi inseguire, mentre nella peggiore si spaventerà a morte dall’atteggiamento dell’umano e comincerà a scappare da lui, sempre più veloce e sempre più lontano.
Nel caso di un cane che esca dal cancello per sbaglio, si sfili il collare o la pettorina, oppure per qualsiasi altro motivo si trovi inaspettatamente libero, la cosa migliore (e la più difficile) da fare è prima di tutto tirare un gran respiro e poi chiamarlo muovendosi in direzione opposta alla sua.
Va premiato tantissimo ogni suo avvicinamento, cercando di risultare il più accoglienti possibile, anche se ci troviamo sull’orlo di una crisi di panico.
Non sgridare o picchiare il cane
Un altro errore, infatti, è arrabbiarsi con il cane quando non arriva o arriva in ritardo.
Siamo perfettamente d’accordo sul fatto che un cane che non risponda al richiamo faccia arrabbiare. Eppure, sarebbe davvero il caso che dessimo sfoggio di tutte le nostre abilità teatrali quando finalmente ci raggiunge, fingendo di essere super felici di lui.
Difatti, se ci trovasse infuriati neri potrebbe pensare che sia il caso di starci alla larga in quel momento o, nella eventualità peggiore, che siamo arrabbiati con lui proprio perché è tornato.
La volta successiva, pertanto, eviterà nuovamente di tornare per paura di essere sgridato (o tornerà strisciando, con la coda tra le gambe), facendo entrare entrambi in un circolo vizioso in cui tanto più ci temerà e non si avvicinerà, tanto più noi ci spazientiremo.
Per concludere, quindi, serve davvero tanta pazienza per educare il cane a un buon richiamo, ma la soddisfazione, poi, di vederlo correre felice verso di noi quando lo chiamiamo ripagherà ogni fatica!
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